La nascita della Biblioteca Vallicelliana è strettamente collegata alla figura di Filippo Neri e alla Congregazione dell’Oratorio, istituita nel 1565 e riconosciuta ufficialmente da Gregorio XIII nel 1575 con la bolla Copiosus in misericordia. Gli oratoriani avevano una particolare attenzione per i libri: in base alla Regola i pasti dovevano essere infatti accompagnati dalla lettura e dalla discussione di un testo religioso.
La prima raccolta libraria è costituita dalle opere possedute da Filippo Neri, passate nel patrimonio della Congregazione alla sua morte, nel 1595.
La Biblioteca Vallicelliana è già documentata nel 1581 grazie al lascito testamentario di Achille Stazio (Aquiles Estaço) a favore di Filippo Neri e della Congregazione dell’Oratorio: 1700 volumi a stampa e 300 manoscritti.
Ai primi due fondi si aggiungono successivamente altre donazioni, quali l’Archivio e parte della Biblioteca di S. Giovanni in Venere (1585); la biblioteca del cardinale Silvio Antoniano, i libri di Pierre Morin e quelli dell’oratoriano Giovenale Ancina, vescovo di Saluzzo (1604); i manoscritti provenienti da S. Eutizio, grazie all’intervento dell’abate Giacomo Crescenzi, e la raccolta del padre Antonio Gallonio, primo biografo di Filippo Neri (1605).
La fase di maggiore attività culturale della comunità oratoriana nel XVII secolo è legata alla pubblicazione degli Annales Ecclesiastici di Cesare Baronio, della Roma sotterranea di Antonio Bosio curata da padre Antonio Severano e alla diffusione dell’Oratorio musicale, forma d’intrattenimento spirituale prediletto da Filippo Neri che considerava la musica pescatrice di anime.
Nel 1607, alla morte del cardinale Cesare Baronio, una parte della sua raccolta libraria viene ereditata dalla biblioteca della Congregazione; nel 1662 perviene il fondo di Virgilio Spada, costituito da una collezione di monete, minerali, maioliche e curiosità.
Nel 1669 passa alla Biblioteca il fondo manoscritto dell’intellettuale greco Leone Allacci, custode della Biblioteca Vaticana, costituito da circa 237 manoscritti latini e greci. Successivamente vengono incamerati i lasciti dei padri oratoriani Odorico Rinaldi, Giacomo Laderchi, Giuseppe Bianchini, erede dello studioso Francesco Bianchini.
Durante l’occupazione francese di Roma (1797-1799) la Biblioteca subì, come altri luoghi, un grave saccheggio: nel 1810 andarono perduti 49 cimeli, in parte recuperati negli anni 1837-38.
Nel 1874, in seguito alla legge sulla soppressione delle Corporazioni religiose, la Vallicelliana fu trasformata in biblioteca di diritto pubblico; nel 1876 la Giunta liquidatrice dell’Asse ecclesiastico stabilì di suddividere i documenti della Congregazione fra l’Archivio di Stato di Roma, la stessa Congregazione e la Biblioteca.
Nel 1883 trovò sede, in alcuni locali della Biblioteca la Società Romana di Storia Patria, istituita nel 1876 allo scopo di pubblicare documenti riguardanti la storia di Roma e della sua provincia.
Il decreto, che legava i due istituti, affidava la direzione e la gestione scientifica della Biblioteca alla Società Romana di Storia Patria e la gestione amministrativa ad un Custode consegnatario, di nomina ministeriale.
Nel 1946 i rapporti tra i due Istituti, pur nel permanere di una funzionale interdipendenza, furono diversamente disciplinati: la gestione dei fondi vallicelliani tornò alla Biblioteca e ad essa venne anche affidato l’ordinamento bibliografico e la fruizione pubblica delle raccolte della Società.
Dopo essere stata amministrata dal Ministero della Pubblica istruzione la biblioteca è oggi un Istituto periferico del Ministero della Cultura.
Ultimo aggiornamento il 3 Settembre 2023