
“In Roma, nell’anno 1551, già consumato nella virtù, Filippo cominciò a buttare le profonde e stabili radici della sorgente sua Congregazione; nelle domestiche mura di San Girolamo della Carità, dando principio agli spirituali ragionamenti che, durante le prolungate vigilie ai piè del Crocifisso, gli dettava lo Spirito, radunava alcuni suoi penitenti che, per fuggire l’ozio e le cattive compagnie, passavano ivi la maggior parte del giorno in discorsi divoti.”
Memorie historiche di p. Giovanni Marciano
La chiesa di S. Girolamo della Carità, detta anche “alla Regola” dal nome del rione in cui si trova, è situata in via di Monserrato, all’angolo di S. Caterina della Rota. Lì dove, secondo la leggenda, sorgeva la casa di S. Paola, matrona romana presso la quale avrebbe abitato S. Girolamo quando nel 382 venne a Roma chiamato da papa Damaso. Già nel 1419 si ha però la notizia di un convento di francescani del terzo ordine cui Martino V concesse di costruire vicino a S. Caterina della Rota un ospedale chiamato S. Girolamo. L’edificio è citato come convento che aveva un ospedale anche nel 1472 quando vi fu celebrato il capitolo da parte di fra Francesco Romano, ministro del convento. Mariano Armellini ricorda che “Clemente VII la concedette allora ad una compagnia di nobili forestieri da lui eretta, la quale prese il titolo della carità, perché occupata in queste opere.” Nel 1520 la Compagnia, che contava già più di ottanta membri, principalmente prelati, era stata approvata da Leone X approvata ed eretta in Arciconfraternita, con la concessione di molte indulgenze e privilegi e la facoltà di darsi statuti.
Il sodalizio della Carità era rivolto soprattutto all’assistenza dei poveri ed era retto da statuti che ne stabilivano precisamente i compiti: una volta alla settimana, la domenica, distribuire pane e altri alimenti ai bisognosi; provvedere a far ricoverare i malati in ospedale, a far seppellire decentemente i morti, a concedere sussidi dotali alle fanciulle indigenti. Altra opera cui si dedicava la Compagnia era l’elemosina al monastero delle Convertite, costruito per la maggior parte con i denari dell’Arciconfraternita stessa che ne aveva la cura e il governo. Nelle “Chiese di Roma” l’Armellini scrive che “S. Filippo Neri ivi dimorò trentatré anni, dando colà inizio al suo oratorio; rimane perciò in quel luogo la stanza del Neri, nella quale tre grandi personaggi del secolo XIV talvolta s’intrattennero in santi colloquî; essi sono Carlo Borromeo, Ignazio da Loyola e fra Felice da Cantalice”. L’edificio, distrutto da un incendio nel 1631, fu ricostruito verso il 1654 da Domenico Castelli. La facciata è opera di Carlo Rainaldi.
Fotografie di Marta Giacomelli a corredo della relazione “I luoghi dell’apostolato romano di S. Filippo Neri” di Anna Villa




Ultimo aggiornamento il 26 Agosto 2023