In occasione delle celebrazioni per il bicentenario della morte dello scultore Antonio Canova, giovedì 13 ottobre 2022, alle ore 17.00, è in programma, nel Salone Borromini della Biblioteca Vallicelliana, il reading «La favola dell’anima. Antonio Canova tra l’incanto della bellezza e le lusinghe dell’amore».
L’evento è a cura di Rita Ferraro e Anna Villa.
Letture di Fabrizio Fabrizi e arie d’opera eseguite dalle Ladies First (Germana Burchietti, Paola Protani, Giusy Raspaglio). Al pianoforte Davide Clementi. «Canova lo scultore del bello», proiezioni a cura di Lucio Caporali.
Ingresso gratuito.
Nato a Possagno (Treviso) nel 1757 e morto a Venezia nel 1822, Antonio Canova è il maestro, scultore e pittore del Neoclassicismo italiano. Le sue opere si trovano esposte nei maggiori musei nel mondo.
Dopo la morte prematura del padre e le seconde nozze della madre, è affidato al nonno paterno, abile marmista da cui apprende le basi del mestiere, che svilupperà e arricchirà vivendo e lavorando a Roma. Nel 1779, infatti, si trasferisce nella Città Eterna, che gli dà un osservatorio privilegiato sulla tecnica di realizzazione della scultura antica. Le forme, l’armonia, le proporzioni sono, da Canova, studiate attentamente. Compie anche viaggi alla scoperta degli scavi archeologici, delle statue e dei mosaici di Ercolano e Pompei. Realizza in quel periodo opere ispirate alla mitologia, quali “Teseo e il Minotauro”, “Eros giovinetto”, “Amore e Psiche”, “Ebe”, “Venere e Adone”, “Ercole e Lica” e “Le Tre Grazie”.
L’apprezzamento per la sua abilità scultorea cresce e comincia a ricevere commissioni per la realizzazione di monumenti funebri: quello di Clemente XIV viene collocato nel 1787 nella navata sinistra della basilica dei Santi Apostoli a Roma, una delle chiese preferite dall’artista. Ben presto riceve l’incarico di scolpire anche il monumento funerario di Clemente XIII, quello di Maria Cristina d’Austria a Vienna e quello di Vittorio Alfieri a Firenze. Nel 1798 i Francesi occupano Roma come ritorsione per l’uccisione di un generale dell’ambasciata francese, e viene proclamata la Repubblica Romana. Il papa è fatto prigioniero e allontanato dalla città. Canova lascia la Capitale e vi fa ritorno un anno dopo, dopo che i Francesi l’hanno abbandonata.
Nel 1805 Roma verrà annessa all’Impero napoleonico. Sarà proprio l’epopea di Napoleone a conferirgli la massima notorietà, attraverso incarichi prestigiosi. L’imperatore insiste affinché sia proprio Canova a realizzarne i busti, il marmo della madre Letizia Ramolino, il ritratto di Paolina Bonaparte quale Venere vincitrice e soprattutto la celebre statua di Napoleone come Marte Pacificatore. Canova mantiene, nei confronti di colui che al momento della loro conoscenza è Primo Console, un atteggiamento distaccato, non perdonandogli i saccheggi delle opere d’arte in Italia. Napoleone, al contrario, lo apprezza proprio per la sua lealtà e patriottismo. Nel 1802 Canova diventa Ispettore Generale delle Antichità e delle Arti dello Stato della Chiesa e, nel 1815 è protagonista, grazie a una strategia diplomatica, del recupero di numerose e preziose opere d’arte trafugate da Napoleone. Pio VII, riconoscendone il prezioso operato, gli conferisce il titolo di Marchese d’Ischia. Muore a Venezia il 13 ottobre 1822.
Ultimo aggiornamento il 25 Luglio 2023