“Et, in questo, dellà a mezz’hora in circa, venne il p. Filippo e se accostò al corpo di esso s.r Paolo morto et si fece dare l’acqua benedetta, e con essa li tocchò la bocca et il viso, e, poi, tocchandolo senz’acqua, se l’accostò, chiamandolo per nome: « Paolo ». Et, alla chiamata del p. Filippo, esso s.r Paolo resuscitò… et, dopò, raggionò circa un quarto d’hora (più presto più che manco) con il detto p. Filippo. Il quale domandando al detto s.r Paolo, se moriva volentieri, il detto s.r Paolo rispose, che volentieri moriva, per andare a Paradiso, et così tornò a morire de novo esso s.r Paolo. Il quale io lo sostentava dalla mano mancha, et io restai stupita, con l’altri, che erano lì presenti, di haver veduto resuscitare detto s.r Paolo, attribuendo tutto alla santità de detto p. Filippo.”
Il primo processo per S. Filippo Neri, a cura di Giovanni Incisa della Rocchetta e Nello Vian
Considerato il capolavoro dell’architetto senese Baldassarre Peruzzi (1481-1536), Palazzo Massimo alle Colonne fa parte di un complesso edilizio più vasto e di più antica storia, sede di una delle più antiche famiglie gentilizie di Roma, i Massimo. Una tradizione leggendaria fa risalire l’origine di questa famiglia alla gens Fabia dell’antica Roma, la quale con Quinto Fabio Rulliano avrebbe aggiunto nel IV sec. a. C., per senatoconsulto della repubblica romana, il cognomen “Maximi”. Un tempo l’edificio sorgeva lungo la via Papale, sulla quale si snodava il percorso della cavalcata trionfale dei papi che portava da S. Pietro fino a S. Giovanni in Laterano per la simbolica presa di possesso della città. L’edificio è costituito dall’unione di tre corpi di fabbrica. Il primo Palazzo Massimo fu costruito nel ‘400, sui resti dell’Odeon di Domiziano, un teatro coperto voluto dall’imperatore nei pressi dello Stadio realizzato nell’85. Il nome stesso del palazzo sembra derivare dalle colonne che erano presenti in quel luogo fin da prima della costruzione dell’edificio e delle quali, nella retrostante piazza dei Massimi, sopravvissero alcuni resti: oggi è ancora visibile una delle 99 colonne che decoravano l’antica struttura romana. Questo primo edificio è conosciuto anche come palazzo di Pirro, in quanto negli scavi di fondazione fu rinvenuta una statua del dio Marte erroneamente ritenuta una raffigurazione di Pirro, re dell’Epiro. La facciata del primo Palazzo Massimo venne decorata con pitture monocrome nel 1532 in occasione delle nozze di Angelo Massimo con Antonietta Planca Incoronati. Dopo i danni e l’incendio provocato durante il Sacco di Roma, il complesso fu ristrutturato ed ampliato su progetto del Peruzzi che aggiunse il corpo di fabbrica, con il prospetto non più su piazza dei Massimi ma sulla strada opposta, l’odierna corso Vittorio Emanuele II. Al secondo piano del Palazzo si trova la stanza, trasformata in Cappella nel ‘700, dove Filippo Neri, amico di famiglia e padre spirituale, il 16 marzo 1583 operò un miracolo, riportando in vita Paolo, il giovane figlio del principe Fabrizio Massimo. Nel processo per la canonizzazione di Filippo Neri, iniziato il 2 agosto 1595 per volontà di Clemente VIII, viene annotata la descrizione del miracolo avvenuto il 16 marzo 1583 nella deposizione del padre di Paolo e della sorella, presente alla scena. La mattina di quel giorno, il quattordicenne primogenito di Fabrizio, ammalato da 65 giorni, era entrato in agonia e aveva chiesto di vedere S. Filippo, che giunse quando il giovinetto era già morto; prima di lui, infatti, era arrivato il parroco di S. Pantaleo che gli aveva dato l’estrema unzione. Il ragazzo era già spirato da mezz’ora quando il Santo giunse nella sua stanza “et davanti il letto s’inginocchiò et si buttò sopra la sponda del letto et facendo orazione stava palpitando et poi si fece dare dell’acqua benedetta, la buttò addosso a Paolo chiamandolo a voce alta: Paolo! Paolo! Et allora Paolo aprì gli occhi et disse: padre! Et allora il Beato Padre gli dette un crocefisso in mano et parlorno un pezzo insieme.” Interrogato il fanciullo se, confessatosi, sarebbe tornato a morire volentieri: “Paolo rispose che sì, et dicendogli il Padre: “Horsù va, che si benedetto et prega Dio per me”. Il ragazzo chiuse gli occhi e senza far altro movimento morì. Dopo il fatto miracoloso la stanza venne trasformata ed abbellita. Ancora oggi, nel giorno dell’anniversario del miracolo è possibile visitare la cappella che conserva, tra le numerose reliquie, gli occhiali del Santo. Sull’altare maggiore, dedicato a S. Filippo, si trova il dipinto ottocentesco con il Miracolo di Paolo Massimo, tratto da una stampa del 1737. Del miracolo resta un commosso ricordo in un oratorio di Domenico Cimarosa, scritto nella ricorrenza dell’evento per una sacra rappresentazione da tenersi nella chiesa di S. Maria della Vallicella.
Ultimo aggiornamento il 26 Agosto 2023